Storia comparata degli usi nuziali in Italia e presso gli altri popoli indo-europei
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Chapter 4 No.4

Prima delle sacre funzioni.

Nell'India antica, era la suocera quella che faceva gli onori allo sposo venuto per portarle via la figlia; ma gli onori avevano per lo sposo assai poca attrattiva; la suocera di lui lo picchiava, con un pestello da mortaio, e lo tirava in casa pel naso. Il primo uso del picchiare lo sposo è pure germanico; ma, come il Weber[302] avverte, non la suocera, ma la comitiva nuziale fa, in Germania, un tale sgarbo allo sposo. Il suocero invece più onestamente offriva allo sposo indiano un miscuglio di miele e gli preparava da sedere sovra l'erba ku?a. Presso i Tartari di Kazan è lo sposo che si fa precedere dal miele, ch'egli manda con uova e burro in dono alla sposa. Anche nella valle d'Andorno in Piemonte, lo sposo, di primo mattino, manda, entro un paniere, tutta una colazione allestita in casa alla sposa: poich'è uso che innanzi d'andare in chiesa gli sposi e compagni e parenti loro, in casa della sposa, facciano il primo spuntino.

Rifocillata, la compagnia si dispone a partire, i suonatori accordano i loro istrumenti e le campane incominciano con lo suonare a festa. La madre benedice la figliuola, che in Ungheria s'inginocchia e riceve sul capo l'acqua benedetta[303]. è una specie di sacramento domestico.

Così, presso i Brettoni, quando lo sposo è entrato in casa, il capoccia gli consegna una cinghia da cavallo, che lo sposo passa alla cintura della sua fidanzata. Mentre egli affibbia e sfibbia la cinghia, il breutaer intuona un canto che incomincia: Ho veduto in un prato una giovine cavalla gioiosa, ecc.; dopo di che s'invocano le benedizioni del cielo; il breutaer fa scambiare gli anelli agli sposi e giurarsi di rimanere uniti sulla terra come il dito all'anello, per durare uniti nel cielo. La sposa esce quindi dalla casa col paraninfo (che non è il bazvalan), il quale ha tante liste d'argento sull'abito quante migliaia di lire porta la sposa in dote[304]. Segue il fidanzato con la donzella d'onore; il bazvalan fa salire lo sposo tenendo la briglia al suo cavallo, il breutaer solleva di peso la sposa, ponendola dietro lo sposo, e compiendo così l'ufficio del dr'idhapurusha o uomo forte del cerimoniale indiano che sollevava di peso la sposa sopra la pelle di toro distesa presso il fuoco sacrificale e forse la portava pure sopra il carro, come nell'odierno uso germanico. Messi a cavallo gli sposi, tutta la comitiva, pure a cavallo, parte di galoppo verso la chiesa; e il primo che arriva si guadagna un montone e il secondo alcuni nastri[305].

In Russia, gli sposi vanno invece alla chiesa in due carri distinti, tirati da tre cavalli, dopo che la sposa ha raccomandato il suo giardino al padre, col canto che segue:

Per la campagna, il cigno gridava,

Nel gineceo Annetta piangeva:

Dio giudichi il padre mio!

Consegnano la fanciulla a gente straniera,

Rimane il verde giardino senza di me,

Si seccheranno tutti i fiori del giardino,

Il mio roseo, il mio bianco fiore,

L'azzurro, il celeste fiordaliso.

Io farò questa raccomandazione al padre mio:

Alzati, o babbo, di buon'ora,

Innaffia, di frequente, ogni mio fiore,

All'aurora ed al tramonto,

E più ancora con la tua mesta lacrima.

Ma il lasciare la soglia della casa, per muovere alla chiesa non è sempre senza cerimonie; in Germania, la giovine coppia gitta sulla soglia che deve attraversare un tizzone acceso[306], quasi per avvertire sè stessa come il passo che sta per fare vuol essere difficile, od a purificarsi. In Sardegna, mentre la sposa esce dalla casa paterna, le viene presentata una cestina piena di tortore, a ciascuna delle quali essa deve dare la libertà[307]. Anche la Venus sponsa de' Latini rappresentavasi con una colomba in mano; e nei sarcofagi de' primi tempi della Chiesa, a simboleggiare la fedeltà coniugale, si rappresentano talora tortore, talora delfini[308]. Nella campagna d'Alba, fino all'anno 1848, nella vigilia del giorno in cui si festeggiano i due santi della città, per la qual festa si dà il fuoco ad una colomba, che dà così principio ai fuochi d'artifizio, perfettamente come la colombina di casa Pazzi che, in Firenze, per la settimana santa si brucia, affinchè i contadini tirino gli augurii per la raccolta dell'anno; nella campagna d'Alba, io dico, fino all'anno 1848, era l'ultima sposa fattasi prima della festa, che doveva dare il fuoco alla colomba. Ora queste tortore e queste colombe compagne della sposa, di ottimo augurio anche nelle nozze de' Brettoni, che cosa significano? Sono esse simbolo d'innocenza o d'amore o di fecondità o di tutto questo insieme? E le tortore che la sposa sarda mette in libertà non potrebbero essere segno della innocenza che la fanciulla è prossima a perdere? o pure, come parmi più probabile, non simboleggierebbero esse la libertà che la fanciulla, sottratta all'autorità paterna, va cercando nella gioia delle nozze?

Comunque ciò sia, ecco gli sposi in istrada, per non tornare indietro, divisi per lo più, finchè il prete non li abbia uniti in chiesa, e sostenuti ciascuno dai proprii parenti, mentre i suonatori, le campane, lo sparo de' mortaletti e degli schioppi e gli evviva della folla accompagnano la marcia più solenne che festosa di tutta la comitiva nuziale, la quale quanta fosse, in passato, possiamo raccogliere da una prova negativa, io voglio dire presso gli Statuti Fiorentini del 1415[309], ove si pone il divieto che il corteggio nuziale possa comporsi di oltre duecento persone, cioè cento per parte. Nè alcun vocabolo potrebbe essere qui più proprio di corteggio, per esprimere la comitiva nuziale, poichè dove son principi, ivi è corte; e che gli sposi siano principi lo vedremo nel capitolo seguente. Noto intanto, come nel Canavese, quando un uomo s'avvia per pigliar parte ad alcuna comitiva nuziale, sia solito a dire ch'ei va a far onore, o sia, a far la corte.

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