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Il duca di Majoli e il Giussi, incontratisi alla Villa Nazionale, salivano la scaletta augusta della sezione napoletana del Reale Yacht Club italiano-una vera scala di bastimento-e si fermavano ogni due gradini.
-Dunque, è proprio inevitabile?-chiedeva ancora il Giussi.
-Pur troppo!
-Ma questa è già la seconda questione fra loro!
-Sammartino aveva giurato di vendicare la prima ferita.
-Una scalfittura!
-Non importa, per uno spadaccino come lui, un po' guappo, anzi mafioso, come dicono in Sicilia.
-Ludovisi è forte?
-Debolissimo. Ma non lo può soffrire; l'antipatia è una forza.
-E questa antipatia?
-Chi sa!
-Cherchez la femme!
Con una scossa del capo, il duca aveva troncate le indiscrete interrogazioni del suo compagno. Era proprio la donna che bisognava cercare! egli non lo sapeva che troppo, e le sue tristi previsioni si avveravano tutte!...
Aspettando i padrini dell'avversario, in quella piccola sala deserta, mentre veniva dall'aperto il ronzio della folla che passeggiava per i viali della Villa e i mille diversi rumori del Caffè di Napoli, il duca sentiva un'agitazione interiore crescere in lui di momento in momento. Perchè aveva accettato di rappresentare Andrea Ludovisi in quella partita d'onore? Perchè non aveva trovata la forza di rifiutarsi, come si era rifiutato una prima volta? Perchè si era lasciato vincere dal pianto dell'amico?... Ah! le lacrime, i palpiti, i singhiozzi: egli non conosceva che questi!... E rivedeva la disfatta figura di Andrea, quando, non più sorretto dall'eccitazione che lo aveva spinto a sfidare ad un tratto le sorde provocazioni del Sammartino, gli aveva confessato tutta la propria miseria, il contrasto dell'amore, della gelosia, della disistima; l'impossibilità di durare in quella tortura di tutti gl'istanti.... E risentiva le parole con le quali gli aveva dato ragione: ?Sì, sì; non bisognava amarla, bisognava soffocare quel sentimento fino dal nascere; ma non aveva potuto! non poteva! ed era un miserabile, e voleva farsi ammazzare da un altro miserabile suo pari!...?
Allora il duca imaginava i due uomini, armati, scagliarsi l'uno contro l'altro; vedeva il sangue scorrere, e un tremito nervoso gli passava per tutto il corpo. Il sangue ed il pianto!... L'eterna vicenda ricominciava ancora una volta; e quale fatalità condannava gli uomini a scontare in tal modo l'incerto, il fugace piacere? Perchè la fantasticata asportazione del cuore, l'abolimento di ogni sensibilità non doveva esser dunque possibile?... Ah! tutto quel che si poteva di più, era il soffrir da soli, in secreto! il soffrire come egli stesso, in quel momento, al pensiero della catastrofe che aspettava la disgraziata, soffriva....
Un'esclamazione del Giussi lo richiamò ad un tratto alla coscienza del presente.
-Ecco quei signori.
Erano il barone De Falco e il giornalista Andritti. Scambiati i saluti, i quattro rappresentanti presero posto intorno a un tavolo, su cui la lampada gettava una viva luce.
Il duca di Majoli prese la parola, seccamente.
-Sarebbe inutile ricordare il motivo che ci riunisce stasera.
L'offesa fatta dal signor Sammartino....
Il barone De Falco interruppe:
-Se il signor duca permette....
-Ella vuol dire che l'offeso è il suo primo? Reclama per lui la scelta delle armi?
-Perfettamente!
-Noi abbiamo mandato di accettare qualunque condizione.
Un nuovo silenzio. E, a un tratto, echeggiarono i primi accordi della marcia del Faust.
-Alla spada e a discrezione del ferito,-disse il barone De Falco.
-Sta bene. Ciascuno porterà le proprie armi; si tirerà a sorte.
-Hanno in vista un locale?
-A Villa Bisani, a Portici.... se loro accomoda.
-A meraviglia. Allora, per domani?
-Senza dubbio.
-Alle sei del mattino?
-Alle sei.
Come ebbero preso congedo dai rappresentanti avversarii, il duca di
Majoli e Vittorio Giussi scesero al caffè, in quell'ora popolatissimo.
Si guardarono attorno, a lungo, attentamente; Andrea Ludovisi non
c'era.
-Cerchiamo dalla parte della musica,-disse il Giussi.
Dopo pochi passi, sotto la viva riverberazione dei fanali elettrici, esclamò:
-Eccolo lì.
Fermo accanto alla victoria, col bastone dal manico d'argento sotto l'ascella, infilando lentamente un guanto, Andrea Ludovisi conversava con la baronessa di Fastalia, che si sporgeva verso di lui con dei movimenti d'una eleganza lenta e squisita.
Vittorio Giussi si avanzò, col cappello in mano.
-Se la signora baronessa permette, il duca avrebbe da dirti qualcosa di urgente.
-Facciano pure, facciano.... E quella risposta, Ludovisi, quando me la date?
-A momenti, signora baronessa, se ella non va via....
E come i due amici si avanzavano, il duca di Majoli li raggiunse.
-è tutto fatto. Domani, alle 6, tienti pronto.
-La spada?
-La spada.
Andrea Ludovisi trasse un sospiro di sollievo.
-Grazie! Mi volete ora aspettare cinque minuti?
E andò a raggiungere la carrozza della baronessa.
-Che cosa è stato?
-Una buona notizia. I miei debitori si mettono in regola, riavrò tutto il mio; nulla mi trattiene più a Napoli. Costanza, Costanza, sono libero! Andremo via, lontano, nei paesi più belli, od anche nei brutti; che cosa importerà per noi!...
-Non è vero?
In quel momento la musica incominciava il Wiener blut; i suoni giocondi volavano per l'aria, mettevano un tripudio tutt'intorno. Cogli occhi socchiusi, assorta in un sogno di felicità, la baronessa faceva oscillare lievemente la testa, in cadenza col ritmo della danza.
Egli mormorò a bassa voce:
-Costanza, ti amo!
La baronessa portò le mani al cuore.
-è possibile? Mi par di sognare! dopo la tempesta di ieri!...
-Perchè ricordarla?
-A proposito: e quella risposta? Che cosa bisogna fare delle lettere rimaste sotto il divano?
-Bruciarle!... A domani, dunque....-E scostandosi d'un passo, col cappello abbassato, a voce più forte;-Signora baronessa, faccia una buona passeggiata!
Lentamente, la carrozza si allontanò. Il duca di Majoli e il Giussi si avvicinarono. Andrea Ludovisi si mise in mezzo agli amici, e terminando di abbottonare il suo guanto:
-Ora-disse-andiamo a vedere le armi.