Chapter 6 No.6

Un giorno, come egli entrava a Villa Valdonica e cercava di vedere se ella fosse sotto gli eucaliptus, dove soleva aspettarlo, se la vide a un tratto dinanzi. In un leggerissimo abito chiaro guarnito di nastri azzurri e dalle maniche aperte che lasciavano vedere le belle braccia nude, ella aveva un'aria tutta gioconda.

-Vedi questa? è la chiave del mio archivio che oggi ho messo finalmente in ordine. Vieni con me....

Tutto il piccolo armadio della stanza da letto era stato dedicato a lui; le sue lettere erano riunite in piccoli fasci annodati con nastri rosei, i suoi fiori erano racchiusi in un sacchetto di raso bianco, e i libri, i giornali, la carta con le loro cifre intrecciate, gli altri minuti oggetti che egli le aveva regalati erano tutti disposti in bell'ordine nelle cassette odorose.

Chino dinanzi il piccolo mobile, egli le baciava la mano, sul dorso, sulla palma, lungamente, mormorando dolci parole per esprimerle la gratitudine di cui era pieno.

-Guarda quante lettere, in due mesi appena!-disse ella prendendo uno dei fasci.-Addirittura un epistolario!

Andrea lasciò cadere quella mano che aveva tenuta fra le sue. Come una nebbia di tristezza gli aveva velato la fronte.

-Set già pentito di avermele scritte?

Egli tentava d'allontanar l'improvvisa visione, ma essa persisteva: tutte le altre lettere che ella aveva ricevute, che aveva disposte con identica cura, che aveva mostrate, com'ora....

-Andrea!...

Con voce bassa, le chiese:

-Quante altre ne conservi?

Ella fece con le labbra un piccolo movimento di disdegno.

-Non ne conservo più nessuna. Oggi stesso le ho tutte sepolte, dentro una vecchia valigia, in fondo a un sotto-scala.

-Perchè non le hai bruciate?

-Perchè sono molte, e se ne sarebbe accorta la gente di casa.

Ad un tratto, come un fanciullo che, dopo una finta indifferenza, manifesta il proprio capriccio, egli le disse rapidamente:

-Me le fai leggere?

-Oh, no!

E ad una ad una, risolutamente, richiuse le cassette dell'armadio.

Egli fece un giro per la stanza, andò a guardare prima le acqueforti disposte nell'angolo accanto alla finestra, poi la grande ceramica istoriata dell'angolo opposto, rimosse il canestrino di raso sostenuto dal tripode di bambù, e le si fece nuovamente vicino.

-Perchè non mi vuoi far leggere quelle lettere?

-Perchè te ne pentiresti, tu stesso, per il primo....

-Se te ne pregassi?

-Andrea!... Ricordati dunque quello che hai sofferto quando ho risposto soltanto ad una tua domanda!... La mia vita, te l'ho detto, tu hai il diritto di conoscerla, vuoi?... Ma quelle lettere....

-Voglio leggerle.... qualcuna almeno....

La baronessa si passò una mano sulla fronte.

-Senti, io potrei dirti che vi è una mancanza di fiducia in quello che tu pretendi; una mancanza di fiducia molto dolorosa per me. Potrei dirti ancora che il segreto di quelle lettere non mi appartiene per intero.... Ma non importa: io ti dico, io ti ripeto soltanto che è per risparmiarti un dolore, per risparmiarne un altro a me, che io mi oppongo al tuo desiderio.

-Ed io ti dico,-rispose freddamente Andrea, incrociando una gamba sull'altra e guardando la punta delle sue scarpe-ed io ti dico che tu ti opponi al mio desiderio, perchè c'è qualcuno che ti scrive ancora.

-Oh!

La baronessa ebbe un istante di esitazione. Poi, risolutamente, si avvicinò ad Andrea.

-Andrea!... Perchè mi dici delle cose tanto cattive? Che cosa ho fatto perchè tu dubiti ancora di me? Guardami in viso: sono capace di mentirti, di nasconderti qualche cosa?...

Guardandola fissamente, gli occhi gli si inumidirono.

-No, no.... ti credo!... Ma se sapessi di che tristezza mi si gonfia il cuore, quando io penso al tuo passato! Come vorrei cancellarlo! Come avrei voluto conoscerti quindici anni più presto, quando tu non eri ancora entrata nella vita! Come avrei saputo farla lieta e felice a quella vergine adorata! Come tutto avrebbe dovuto sorriderti attorno!...

Egli reclinava la testa sul seno di lei, aspirandone avidamente il profumo.

-Lo so, lo so, come mi avresti amata! Come ora, bambino! E il passato non è sepolto, scordato per sempre?

-Per sempre?

-Ne dubiti ancora?

-Giuralo....

La baronessa si rizzò in piedi, guardandolo fisso.

-Te lo giuro!...

Anch'egli s'era levato, facendosele vicino, vicino da sfiorarle la fronte con la sua, scottante e imperlata di sudore.

-Giuralo per la memoria dei tuoi morti!

-Andrea!... Lo giuro!

Egli portò le mani alla faccia, quasi per soffocare le proprie parole:

-Ebbene, no! non ti credo!...

Un'espressione di grande serietà si dipinse in volto alla baronessa.

Pallida, muta, ella uscì dalla stanza.

Andrea non fece un passo per trattenerla. Si sentiva soffocare. Quelle parole gli avevano bruciato la gola. Non sapeva ancora come aveva fatto a pronunziarle. Cento volte aveva tentato, ma non gli era ancora riuscito. Il pensiero di addolorare, di offendere anche con dubbii atroci la donna amata gli era stato insostenibile. Come dire a colei che gli confessava in tutti i momenti il proprio amore: Tu pensi ad altri? Egli intuiva che non era vero; che, se vera, sarebbe stata una cosa mostruosa, da spegnere, non che l'amore, la stima; ma di quella cosa mostruosa egli era arrivato ad ammettere la possibilità. Il passato di quella donna era una macchia, e quella macchia si allargava, si diffondeva, la ricopriva tutta. Fatalmente, il dubbio, il dubbio atroce, insinuante, rinascente non sì tosto scacciato, gli era penetrato nell'anima, non gli dava più quiete.... Ella diceva di amarlo; quali prove, infine, glie ne aveva dato? Era venuta a cercarlo quando egli era fuggito.... Per qualcun altro ella aveva disciolta una famiglia, abbandonata una posizione, sfidata una intera società!...

Ella aveva avuto degli altri amanti, prima di lui, quando ancora non lo conosceva: che cosa importa? Come credere alla sincerità delle parole che gli diceva, se parole simili, se forse quelle stesse parole erano state dette ad altri? Come aver fede nella sincerità attuale di quella donna, se ella aveva giudicato di essere stata amata, una volta, come ora, più di ora?... Egli l'amava ciecamente, con tutte le forze d'un'anima rimasta giovane malgrado l'avanzarsi degli anni, aveva sofferto per lei fino al pianto, fino alla pazzia, dei suoi dolori e delle sue gioie le aveva dato le prove più eloquenti, e quando egli le aveva chiesto se era stata mai amata così, gli aveva risposto: Sì.... Una volta! Una volta! Come se non fosse già stato troppo! Ancora, sempre, malgrado tutti i suoi sforzi, lo spettro del passato gli sorgeva dinanzi, minaccioso, inevitabile. Come lottare contro l'invisibile potenza di un ricordo, se tutto quello che egli aveva fatto per lei non era bastato a vincerlo, ad eclissarlo? Quali altre prove di amore doveva egli darle per dimostrarle che si era ingannata, che mai era stata amata così?... Una volta!... E le altre? Le altre volte, dunque, non era stata amata; lo riconosceva implicitamente lei stessa! E la figura del cavaliere di Sammartino appariva ad un tratto, tanto più odiata quanto meno inverisimile diventava la sua presuntuosa vanteria.... Ed era dunque possibile? Ella sarebbe discesa fino a quell'essere abietto? Ed egli avrebbe amata una donna che era stata del Sammartino?... No, no; non era possibile, era un'aberrazione dello spirito ammalato, era un incubo prodotto dalla impotente gelosia di quel passato incancellabile. Dov'era, dov'era Costanza, la sua Costanza, perchè ella dissipasse con una sola parola l'infame sospetto?...

Allora, le parole del duca di Majoli gli tornavano alla memoria, come un rimprovero, come un'accusa. ?Crediamo sempre d'esser sinceri, ma la sincerità di oggi fa a pugni con quella di ieri.? Colui aveva dunque ragione? Perchè gli aveva dette quelle parole? Era anch'egli stato un amante della baronessa?... Ah! delirava, impazziva!...

Sì, il duca aveva ragione; egli aveva creduto di esser sincero quando pensava che il passato di Costanza non esisteva per lui; che glie la rendeva, se mai, più cara-sì, le stesse parole di colui-ed era sincero anche in quel momento che le rinfacciava il suo passato come una colpa!... Come dunque accadeva, e perchè?... Perchè il suo amor proprio non ammetteva che un altro avesse potuto amarla più di lui, che ella avesse fatto per un altro più di quello che aveva fatto per lui!... Era dunque un egoista; nient'altro che un egoista sofisticatore?... No; era che egli non la sentiva più sua, più tutta sua; che qualcuno aveva ancora un posto nella memoria se non nel cuore di lei; che i fatti dai quali era stata ridotta nella condizione in cui l'aveva trovata erano di quelli che lasciano indelebili traccie. Era finita, l'amore non era più possibile; quella donna era indegna d'un amore come il suo; a momenti avrebbe voluto metterla alla tortura per farle confessare che Sammartino era stato il suo amante, per avere il diritto di disprezzarla, per abbandonarla a colui....

-No! No!... Costanza mia!...

La baronessa riappariva in quel momento. Malgrado il suo braccio destro fosse irrigidito per lo sforzo di sostenere una vecchia valigia polverosa, ella entrò nella stanza con passo affrettato, con una risolutezza in tutti i suoi movimenti. Gettò la valigia per terra, s'inginocchiò per aprirla con una piccola chiave che teneva già in mano, e rialzandosi:

-Ecco le lettere,-disse ad Andrea, freddamente.-Fatene quel che volete.

D'un movimento istintivo egli si era gettato sulla valigia come sopra una preda. Erano dunque lì le prove materiali di quel passato che egli aveva cominciato per non curare, e che, suo malgrado, gli si era imposto inesorabilmente, fino a farlo dubitare di quell'amore che aveva formato il suo più grande orgoglio! Più tangibile, più reale, più fatale ora esso gli appariva, dinanzi a quei documenti irrefutabili, dinanzi a quelle indelebili traccie che si era lasciato dietro.... E quando pure egli avesse stracciato ad una ad una quelle lettere, quando pure le avesse bruciate, quando pure ne avesse disperso al vento le ceneri, avrebbe egli abolito quel passato funesto? Quand'anche egli avesse strappato con le proprie mani il cuore della donna, quand'anche egli si fosse strappato il suo proprio cuore, lo avrebbe abolito ancora? Nulla poteva egli, nulla poteva nessuno contro quella fatalità. Chi, chi mai ne era stato la causa?... Ah! avere fra le mani uno di quegli uomini, avventarglisi alla gola, strozzarlo: ecco solo quello che avrebbe potuto ridargli la pace!

Cogli occhi accesi, febbrilmente, Andrea si era messo a disfare i pacchi, di cui la valigia era piena. Le lettere ricascavano da tutte le parti, si sparpagliavano, si confondevano; ma Andrea Ludovisi non pensava a leggerne nessuna. Preso da una specie di furore, di smania distruttrice, egli si accaniva contro quei pacchi, non riusciva a sciogliere i nodi dei lacci, li spezzava con le mani, coi denti, non avvertendo neanche il dolore che quegli sforzi gli cagionavano. Come li ebbe tutti disfatti, sostò un momento, alzando gli occhi.

Con la persona curvata, il collo teso come in attesa di un colpo mortale, gli occhi stranamente spalancati e fissi, le braccia protese indietro, le mani strettamente intrecciate, la baronessa aveva una tale espressione di angoscia e di smarrimento, che Andrea Ludovisi si rialzò di scatto. Il suo primo pensiero fu che ella era impazzita.

-Costanza! Costanza!

E fece per avvicinarsi.

Ella gridò, indietreggiando:

-Non mi toccare!-E mostrando le lettere, con un gesto imperioso:-Leggile!

-Non voglio!... Non ne ho bisogno....

Prima ancora che ella avesse potuto pensare a sfuggirgli egli l'aveva presa per lo braccia. Con una forza di cui non sarebbe stata mai creduta capace, la baronessa si sciolse da quella stretta, fuggendo per la camera. Egli la raggiunse.

Allora cominciò una lotta feroce, tra la donna che tentava di liberarsi e l'uomo che stringeva le bellissime forme scosse da lunghi fremiti, in preda a contorcimenti serpentini. Col viso di porpora, le nari aperte, gli occhi sfavillanti, la baronessa era bella d'una fiera e selvaggia bellezza. Al colmo dell'indignazione, ella balbettava confuse parole.

-Ah, no!... ah, no!... è un'infamia!... le lettere!... le lettere!...

Caddero, l'una sull'altro, sopra il divano; e traendo profitto della sua momentanea superiorità, ella abbassò un braccio per prendere una delle lettere sparpagliate per terra.

-Leggile!... è un'infamia!... leggile!

-Costanza, soffoco!... Non voglio, ti credo.... perdono!-E con la mano rimasta libera, le strappò la lettera.

Una seconda volta ella si curvò, per prenderne un'altra.

-è un'infamia!... Leggile!...

Come ella gli mise sotto gli occhi la busta, Andrea Ludovisi lesse: Alla baronessa Costanza di Fastalia, sue adorabili mani. Era il carattere del cavaliere di Sammartino.

In quello stesso momento s'intese il cigolio dell'uscio dell'anticamera, e il cameriere entrò annunziando:

-Il signor principe di Marciano.

            
            

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